Visionaria e sensuale, la pittura di Anna Gatto scaturisce da un’aritmia improvvisa nel fluire dei giorni, uno strappo nella rete da cui è dolore che entra e che interrompe l’armonica scansione temporale nutrice della nostra quotidianità, quell’illusoria certezza che il domani ci appartenga, mentre l’oggi si distende quieto sulla linea dell’orizzonte. Nel silenzio l’artista si specchia in se stessa e l’anima viene scaraventata nello smarrimento, dove sono ignoto e oscurità. L’identità si frantuma e vaga nel buio e nel silenzio.

E in questo vagare dentro di sé, a un tratto, s’imbatte nei colori. Sono i colori stessi a comporsi in figura, a creare di fronte a uno sguardo divenuto cieco nell’angoscia, un nuovo mondo di cui gli elementi si compongono in tonalità e luce.

All’inizio, quando Anna ritrova i pennelli, alter ego di un’espressività inquieta, per lungo tempo lasciata in sospeso, il quadro è una finestra da cui osservare, al sicuro, quella nuova realtà. Col trascorrere del tempo si muta in spazio in cui trasferire e alloggiare imperiose visioni che si dibattono tra veglia e sonno per uscire alla vita. La “visionarietà”, pertanto, ha un ruolo centrale nell’ispirazione di Anna Gatto. Tradotta in materia carnosa dirompente da una gestualità istantanea, mediata dalle mani, spatola, pennello, è sintomo di una ricerca spirituale, della tensione verso piani metafisici.

Nella poetica dell’artista, dunque, la pittura, a olio o in tecnica mista su vari supporti (tela, cartone, tavola…) è vissuta come un ponte tra due universi, l’uno interiore, l’altro esteriore, che sul primo proietta luce, tonalità, figure. Estatica nei contenuti, l’autrice tocca, in opere di pienezza espressiva quali “Il mio mare ”, “Dentro il cuore” o “Cascate”, una sensualità cromatica potente, pervasa di slanci vitali. Prevalgono toni

opposti nella percezione visiva delle frequenze delle onde cromatiche, come il rosso e il blu, di fuoco e terra il primo, di aria e acqua il secondo.

Assolutamente caldo, il rosso, quando compare, è fiamma che brucia, è cibo che sazia la fame, profuma di vino e papaveri e ha la consistenza del

cotone grezzo; assolutamente freddo il blu arriva come un brivido liquido lungo la schiena, è risveglio terso d’inverno, profumo di neve, sapore d’acqua salmastra, pura seta al tatto. Declinati nelle loro sfumature, fino a compenetrarsi uno nell’altro, in questi dipinti i colori si aprono ai sensi al di là degli occhi.

 

Elena Carrea